Nei pazienti con epatopatia cronica di origine virale, autoimmune o alcolica, il sovraccarico di ferro è molto comune (dal 12 al 64% nelle diverse casistiche) ed è provocato da diversi fattori.
In queste condizioni, quantità di ferro anche relativamente modeste possono amplificare e propagare l’iniziale danno tossico indotto dai virus epatitici o dall’alcol, provocando una rapida accelerazione del processo di fibrosi del fegato. Il sovraccarico di ferro che si osserva negli stati avanzati di cirrosi epatica è un fenomeno frequente che varia dalla presenza, nel
fegato, di depositi di ferro modesti fino ad un sovraccarico marcato e diffuso indistinguibile da quello dell’emocromatosi.

Si ritiene che questo sovraccarico di ferro sia acquisito piuttosto che geneticamente determinato.
Diversi sono i meccanismi attraverso cui l’eccesso di ferro svolge il suo ruolo lesivo.

Il fegato è l’organo principalmente coinvolto nelle malattie da sovraccarico di ferro, ma altri tessuti possono essere danneggiati, particolarmente il pancreas, il cuore, le ghiandole endocrine e le articolazioni. La maggior parte delle conoscenze che riguardano gli effetti dannosi del sovraccarico di ferro derivano dagli studi condotti sul fegato.

Nell’emocromatosi ereditaria, l’accumulo di ferro conduce nel corso di diversi anni allo sviluppo della fibrosi ed infine della cirrosi epatica. Lo stesso accade anche nelle forme di sovraccarico di ferro secondario alla talassemia e ad altre forme di anemia. Quando troppo ferro si accumula nel corpo esso diventa un fattore di rischio per lo sviluppo di diverse malattie. Una di esse è il cancro.
La letteratura medica abbonda di ricerche e studi che dimostrano un legame tra elevati livelli di ferro e un’ampia varietà di neoplasie.